Interventi
06 December 2020

Tap attivo per la transizione verde. Ora un Mezzogiorno protagonista

In queste settimane si è completata la realizzazione di una infrastruttura di grande importanza per l’Italia e per l’Europa, che evidenzia bene il ruolo centrale che il Mezzogiorno può ricoprire nel quadro del Green Deal europeo e della strategia clima-energia: la Transadriatic Pipeline (TAP) è ormai operativa, diversificando le fonti di approvvigionamento energetico per l’Europa

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In queste settimane si è completata la realizzazione di una infrastruttura di grande importanza per l’Italia e per l’Europa, che evidenzia bene il ruolo centrale che il Mezzogiorno può ricoprire nel quadro del Green Deal europeo e della strategia clima-energia: la Transadriatic Pipeline (TAP) è ormai operativa, diversificando le fonti di approvvigionamento energetico per l’Europa e spingendo verso il basso, come sta già accadendo, il prezzo del gas naturale nel nostro Paese. Un contributo significativo ad accelerare l’uscita dal carbone e la riduzione da subito delle emissioni di CO2

E’ per questa sua duplice valenza – decarbonizzazione e sicurezza – che il gasdotto TAP è stato collocato dall’Unione tra i suoi Progetti di interesse comune. Nella strategia che da qui al 2050 deve portare l’Europa a una economia a emissioni zero, il gas svolge un ruolo fondamentale nel sostituire in tempi ravvicinati carbone e petrolio, nel mentre va sviluppandosi la produzione di energia da fonti rinnovabili e prendono corpo le nuove tecnologie di produzione e utilizzo dell’idrogeno. Ed è importante che, durante questa transizione, l’approvvigionamento del gas si svincoli, sia per motivi di sicurezza che per motivi di concorrenza e di prezzo, dall’eccessiva dipendenza dalle forniture provenienti dalla Russia, attraverso gasdotti alternativi e impianti di rigassificazione cui far arrivare la materia prima da altri Paesi.

La centralità del Mezzogiorno nel Mediterraneo, oltre alla sua vocazione naturale sul versante della produzione da fonti rinnovabili, ne fa lo snodo decisivo per la strategia clima-energia: ponte tra Europa da un lato e Paesi dell’Africa e dell’Asia dall’altro, per un interscambio di energie rinnovabili e gas attraverso un sistema infrastrutturale di dimensione transnazionale. Un ruolo, questo, che è parte di una più ampia storica opportunità per il nostro Meridione, quella creata dalla riconfigurazione in corso nei rapporti economici internazionali che, dopo il raddoppio del canale di Suez, sta facendo del Mediterraneo il perno di una quota rilevante degli scambi mondiali. Per la prima volta da secoli, per l’Europa ridiventa essenziale guardare a Sud: il Mezzogiorno può diventare la piattaforma logistica e produttiva dell’Unione Europea verso il Sud e l’Est del mondo. 

E’ una occasione che non deve andare sprecata. Dipende naturalmente dalla capacità del Governo nazionale di utilizzare al meglio le risorse straordinarie di Next Generation EU. Ma richiede anche, se non soprattutto, un diverso modo di fare politica qui nel Mezzogiorno: sta alla politica meridionale saper trasmettere ai cittadini il significato della prospettiva che può aprirsi, il senso di responsabilità verso il bene comune che ognuno deve essere chiamato a sentire, il bisogno di contrastare le facili pulsioni populiste che si coagulano intorno ai mille “no” di comodo che coprono la difesa dello status quo. 

Ora che il TAP è stato completato ed è entrato in funzione, è diventata anche evidente l’inconsistenza di quei timori di danni ambientali e paesaggistici che hanno accompagnato la realizzazione di quest’opera così importante proprio dal punto di vista della lotta al cambiamento climatico. Un Mezzogiorno protagonista della nuova fase che si sta aprendo per l’Europa avrebbe richiesto istituzioni locali capaci di promuovere nelle comunità amministrate la consapevolezza razionale dell’utilità del progetto e dell’inesistenza di danni al territorio. Purtroppo una parte ha preferito giocare un ruolo opposto e ora fatica a uscire dalle rigidità in cui si era chiusa.

Bene ha fatto allora il Governo a riaprire quel tavolo di confronto tra istituzioni e imprese che era stato abbandonato tre anni fa da Regione ed enti locali: può essere questa la via per riportare al centro della discussione politica gli interventi che possono accompagnare un’opera, già in sé positiva, nel quadro di un disegno più generale attrattivo di investimenti sul territorio. Il successo di questa operazione richiederà però un salto di qualità nei comportamenti dei rappresentanti istituzionali: il bene della propria comunità richiede la volontà di individuare soluzioni operative, non di barricarsi dietro pregiudiziali immotivate.

Non è scontato, anzi è un processo faticoso e difficile, ricostruire il senso dell’interesse generale e la responsabilità verso il bene comune. Ma questo è oggi il dovere della politica: la drammatica crisi che stiamo vivendo con la pandemia di Covid-19 ci ricorda che ci si salva tutti insieme, non difendendo ognuno il proprio orticello. Il Recovery Plan ci offre l’occasione e le risorse per riaprire una prospettiva di sviluppo e di progresso sociale per il nostro Paese e il suo Mezzogiorno. Sta alla politica mostrarsi all’altezza del compito.

Articolo del 6 dicembre 2020 per il Corriere del Mezzogiorno

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