Interventi
04 August 2019

Se aumenti l’Iva il conto sarà caro. Le stime Svimez e i nodi al pettine

Produzione al palo, investimenti in frenata, occupazione in caduta nel Mezzogiorno: le anticipazioni del Rapporto SVIMEZ 2019 presentate giovedì scorso confermano purtroppo la fermata del sistema Italia, che rischia di diventare vera e propria recessione al Sud. La prospettiva dei prossimi anni, in assenza di una svolta strategica nella politica economica, è un’Italia a passo

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Produzione al palo, investimenti in frenata, occupazione in caduta nel Mezzogiorno: le anticipazioni del Rapporto SVIMEZ 2019 presentate giovedì scorso confermano purtroppo la fermata del sistema Italia, che rischia di diventare vera e propria recessione al Sud. La prospettiva dei prossimi anni, in assenza di una svolta strategica nella politica economica, è un’Italia a passo di lumaca e un ulteriore allargamento del divario tra Meridione e Centro-Nord in termini di occupazione, benessere, qualità dei servizi.

Le tristi conferme del 2018. La crescita del Prodotto interno lordo (Pil) italiano rallenta a +0,9% dal +1,7 del 2017, si dimezza la crescita dei consumi delle famiglie e degli investimenti delle imprese, l’occupazione ristagna. Analoghe tendenze nel Mezzogiorno, ma con una frenata più accentuata: il Pil cresce solo dello 0,6%, i consumi rallentano maggiormente, gli investimenti delle imprese in macchinari ristagnano. E, soprattutto, l’occupazione si riduce già a partire da metà 2018: nel corso degli ultimi due trimestri e poi del primo trimestre 2019, il numero di occupati è sceso di 107 mila persone, di cui 84 mila occupati stabili in meno (contratti a tempo indeterminato).

Un doppio divario, così la SVIMEZ sintetizza le tendenze in atto: l’Italia nel suo insieme, anche il Centro-Nord, frena e si allontana dagli altri Paesi europei; il Meridione frena ancora di più e si allontana dal resto d’Italia.

Due divari destinati ad appesantirsi nell’anno in corso e nel 2020 in base alle previsioni del Rapporto: il 2019 si chiuderà con uno striminzito +0,1% di Pil e occupazione ferma a livello nazionale, che si appesantiscono al Sud in una riduzione del Pil pari -0,3% e in un’ulteriore caduta dell’occupazione. In sintesi, un 2019 di stagnazione italiana e recessione meridionale. Seguito da una ripresina purtroppo anemica nel 2020: +0,8% di Pil nazionale e solo la metà al Sud.

Ma quest’ultima previsione addirittura peggiorerebbe se dovesse scattare l’aumento dell’IVA previsto dalle clausole di salvaguardia, che l’attuale Governo ha portato a ben 23 e 29 miliardi di euro rispettivamente nel 2020 e nel 2021. La SVIMEZ regionalizza l’impatto delle clausole e ottiene un effetto recessivo diffuso su tutto il Paese ma più accentuato al Meridione, dove il più basso livello medio dei redditi esalta gli effetti della regressività dell’aumento IVA (cioè il fatto che pesi proporzionalmente di più sui consumatori a reddito basso). Il risultato è il quasi-dimezzamento dell’anemica crescita del Pil nazionale e il totale azzeramento di quella già più debole del Mezzogiorno.

La prospettiva insomma è pesante e foriera di conseguenze negative sia per lo sviluppo del Paese nel suo insieme sia per l’aggravarsi del divario economico e sociale tra Sud e Centro-Nord. In particolare, allontana ulteriormente la possibilità di avviare un percorso volto a recuperare il gap occupazionale tra le due aree: la SVIMEZ calcola che, per portare il Mezzogiorno allo stesso tasso di occupazione del Centro-Nord (rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa), occorrerebbero circa 2,9 milioni di posti di lavoro in più rispetto ai 5,9 milioni di oggi; è chiaro che un simile obiettivo non può essere raggiunto dall’oggi al domani ma è anche chiaro che solo uno stabile e duraturo processo di crescita economica e occupazionale può via via rimontare un simile gap e riaprire una speranza credibile per i giovani e le donne del Mezzogiorno. La battuta d’arresto del 2018 e la sua proiezione al 2020 allontanano drammaticamente l’obiettivo.

Una svolta strategica è dunque necessaria rispetto alle politiche dell’attuale Governo. Tre le priorità di intervento: rilancio degli investimenti privati, sblocco degli investimenti pubblici in infrastrutture, una nuova stagione di investimenti nel welfare. Il primo fronte richiede che venga ricreato un clima di fiducia ripristinando e potenziando gli strumenti di politica industriale irresponsabilmente indeboliti da questo Governo e riducendo il rischio Paese con una politica di bilancio e una politica estera affidabili. La seconda priorità esige di superare gli ostacoli che derivano dai pregiudizi antimoderni presenti nello stesso Governo. La terza richiede di abbandonare politiche di spesa pubblica assistenziali per concentrare le risorse su riorganizzazione della scuola, servizi sociali, strutture e servizi sanitari. 

E’ questa la sfida che attende le forze politiche che hanno a cuore il futuro d’Italia e del suo Mezzogiorno e sulla quale, cari lettori, torneremo anche noi in questa rubrica dopo la pausa estiva di agosto.

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