Interventi
09 September 2018

La partita che si è giocata sull’Ilva sarà decisiva per il Mezzogiorno

Nonostante le non poche incertezze e contraddizioni, va dato atto all’attuale Governo di aver dato, alla fine, una prova di responsabilità verso i lavoratori, le loro famiglie e il destino di una città e di un territorio, rinunciando alle pregiudiziali ideologiche e accettando di portare a termine il percorso costruito dai Governi precedenti. E non

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Nonostante le non poche incertezze e contraddizioni, va dato atto all’attuale Governo di aver dato, alla fine, una prova di responsabilità verso i lavoratori, le loro famiglie e il destino di una città e di un territorio, rinunciando alle pregiudiziali ideologiche e accettando di portare a termine il percorso costruito dai Governi precedenti. E non è retorica dire che l’accordo raggiunto giovedi scorso al tavolo Ilva, se coerentemente attuato, potrà rivelarsi un accordo di portata storica. La partita che si è giocata a quel tavolo è infatti una partita decisiva per le sorti del Mezzogiorno e dell’Italia tutta, del suo futuro economico e sociale: rinnovare il più grande impianto siderurgico d’Europa al fine di realizzare una produzione di acciaio pienamente rispettosa delle ragioni della salute e dell’ambiente. Non la decrescita, che è sempre infelice come il Sud ha già sperimentato, ma crescita e lavoro in un rapporto positivo con il territorio e i bisogni dei cittadini.

L’accordo cui si è arrivati è il punto di arrivo di un lungo lavoro, iniziato all’indomani del provvedimento di sequestro degli impianti disposto dalla magistratura tarantina nel luglio 2012. Dal Governo Monti al Governo Gentiloni si è operato con pazienza e determinazione per garantire la continuità produttiva e occupazionale di Ilva nel rispetto dei limiti di emissione stabiliti dall’AIA (autorizzazione integrata ambientale) nel frattempo rivista e potenziata. La scommessa è stata quella di costruire le condizioni per una nuova gestione imprenditoriale che faccia dello stabilimento di Taranto e degli altri stabilimenti Ilva la punta avanzata di una siderurgia competitiva e insieme ambientale. Di qui il varo da parte dei Governi Renzi e Gentiloni di un Piano ambientale che è il più avanzato a livello internazionale (con prescrizioni che vanno ben al di là delle cosiddette BAT, ossia delle migliori tecnologie disponibili definite dagli standard europei) e l’individuazione attraverso gara dell’investitore con il piano ambientale migliore e il piano industriale più robusto in termini di prospettive di investimento, produzione e occupazione a regime.

E’ su questa base che il negoziato con l’impresa vincitrice della gara – ArcelorMittal (AM) – era arrivato a maggio scorso a una ipotesi di intesa, allora respinta dai sindacati, che prevedeva: sul versante occupazionale, oltre 10.000 assunzioni da parte di AM, 1.500 assunzioni da parte di una società Ilva-Invitalia per le bonifiche nelle aree esterne e garanzia di assunzione da parte della medesima società di eventuali esuberi a fine piano, 200 milioni di euro per esodi incentivati (100.000 euro a persona); sul versante ambientale, completamento dei principali interventi entro il 2020 e tetto a 6 milioni di tonnellate annue per la produzione fino a completamento del piano ambientale.

L’accordo firmato giovedì scorso prevede: 10.700 assunzioni da parte di AM; sostituzione delle assunzioni della società di bonifiche Ilva-Invitalia con l’impegno di AM a fare, tra il 2023 e il 2025, una offerta di lavoro agli eventuali esuberi a fine piano; 250 milioni di euro per gli esodi incentivati (sempre 100.000 euro a persona); completamento del 50% degli interventi ambientali nel 2019 e del restante 50% entro il 2020; esplicitazione che le emissioni non dovranno superare quelle oggi corrispondenti a una produzione di 6 milioni di tonnellate.

Il confronto tra i due accordi può prestarsi a valutazioni diverse. Ma ciò che ora voglio sottolineare è come in ogni caso il testo cui alla fine si è arrivati confermi il valore della scommessa che i Governi precedenti avevano fatto: l’obiettivo non può essere la chiusura di Ilva e la desertificazione industriale di Taranto, ma un nuovo modello di produzione dell’acciaio all’avanguardia per standard sanitari e ambientali.

Ora si tenga sotto rigoroso controllo l’attuazione degli impegni previsti dall’accordo. E si riconvochi finalmente il tavolo del Contratto istituzionale di sviluppo per Taranto: è questo il provvedimento speciale per la città che, firmato a dicembre 2015, vede oltre un miliardo di euro a disposizione per il risanamento ambientale complessivo del territorio tarantino, il rafforzamento del sistema sanitario, il rilancio del turismo e la riqualificazione urbana, il potenziamento infrastrutturale del porto e la diversificazione produttiva. E che ha dato ottima prova di sé, con lavori già concretamente avviati per oltre 450 milioni di euro e progetti pronti per l’utilizzo dell’intera dotazione. Il risanamento e il rilancio di Ilva è importante, ma non di sola Ilva ha bisogno Taranto.

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