Interventi
22 November 2020

Bilancio, fiscalità di vantaggio per aiutare lo sviluppo del Meridione

Al di là di molte, troppe, misure particolaristiche, la Legge di bilancio presenta una ispirazione generale condivisibile ma anche un punto debole e due equivoci pericolosi. Pregi e difetti percorrono l’articolato di legge, anche per quanto riguarda il Mezzogiorno. Sperando di riuscire a risparmiare al lettore i tecnicismi più noiosi, e trascurando le tante non

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Al di là di molte, troppe, misure particolaristiche, la Legge di bilancio presenta una ispirazione generale condivisibile ma anche un punto debole e due equivoci pericolosi. Pregi e difetti percorrono l’articolato di legge, anche per quanto riguarda il Mezzogiorno.

Sperando di riuscire a risparmiare al lettore i tecnicismi più noiosi, e trascurando le tante non sempre necessarie voci di importo minore, proverò a riunire quelle di maggiori dimensioni intorno a due assi portanti: misure volte a riattivare la crescita da un lato e misure di tipo redistributivo dall’altro. 

Tra le prime: la costituzione di un Fondo di 120 miliardi di euro, che sarà alimentato dalle risorse europee di Next Generation EU e che, in attesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza, non viene ancora ripartito per programmi e progetti, salvo una quota di 19 miliardi assegnata per i primi tre anni agli incentivi di Transizione 4.0 (nuovo nome per Industria 4.0); la proroga al 2022 del credito d’imposta per gli investimenti al Sud per un ammontare complessivo di 2 miliardi di euro; la riduzione del 30% dei contributi previdenziali a carico delle imprese per gli occupati dipendenti nel Meridione, misura cui sono dedicati 16 miliardi tra il 2021 e il 2023, ma di cui si prevede una estensione (a scalare) fino al 2029 per ulteriori 24 miliardi. 

Tra i provvedimenti di tipo redistributivo: la stabilizzazione dal 2021 in avanti della detrazione per lavoro dipendente introdotta nella primavera scorsa (un po’ più di 3 miliardi l’anno); la costituzione di un Fondo di 8 miliardi per il 2022 e 7 miliardi ogni anno dal 2023 in avanti (cui si aggiungeranno entrate da lotta all’evasione), per finanziare i futuri interventi di riforma fiscale che il Governo si propone di definire nel corso del 2021, compreso l’assegno universale per i figli e i servizi alla famiglia.

Ridotta così all’osso – depurata cioè dalle incrostazioni particolaristiche – l’impostazione della Legge di bilancio ha una sua configurazione intellegibile e, almeno nelle motivazioni ispiratrici, condivisibile. Come anche il fatto che il Mezzogiorno ne sia componente di rilievo. Ma a ben vedere la manovra indicata nella Legge presenta, come dicevo all’inizio, un punto debole e due equivoci pericolosi.

Il punto debole sta nel fatto che restano ancora indeterminati i contenuti concreti delle due componenti più importanti della manovra: i programmi su cui verranno impegnate le risorse europee del Fondo da 120 miliardi, salvo la riedizione potenziata di Industria 4.0; la configurazione che assumerà la riforma fiscale che dovrebbe partire nel 2022, da cui dipendono i suoi reali effetti redistributivi.

Dei due equivoci pericolosi, il primo è stato messo in evidenza dall’analisi che la Commissione Europea ha condotto sul Documento di bilancio inviato dal Governo italiano: diverse misure contenute nella manovra – e tra queste la decontribuzione per gli occupati al Sud e la stessa riforma fiscale – non presentano coperture esplicite e quindi potranno avere effetti di aumento del deficit di bilancio permanenti o comunque molto prolungati nel tempo; il che, per un Paese ad alto debito come il nostro, comporta rischi per la futura sostenibilità della finanza pubblica.

Il secondo equivoco riguarda il modo con cui è costruita la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno: le risorse sono concentrate sulla decontribuzione, ben 16 miliardi in tre anni e altri 24 a tendere, invece che sul credito d’imposta per gli investimenti al Sud, cui vengono assegnati 2 miliardi e per due soli anni. Come ho già avuto modo di argomentare su queste colonne, la decontribuzione è uno strumento che non assicura in alcun modo che al contributo di risorse pubbliche corrispondano investimenti da parte delle imprese. Al contrario del credito d’imposta, che può essere utilizzato solo a fronte di investimenti reali, ciò di cui il Meridione ha assoluto bisogno. 

L’equivoco risulta tanto più eclatante quando si confrontino quei 2 miliardi per gli investimenti al Sud con i 19 miliardi di Transizione 4.0: un incentivo aggiuntivo per il Mezzogiorno pari solo a poco più del 10%! In assenza di un sostegno più forte per il Meridione, il rischio molto concreto è che Transizione 4.0, in sé strumento positivo di spinta agli investimenti delle imprese, sia utilizzata per larga parte al Centro-Nord e che il Sud rimanga ai margini, con un allargamento del divario di produttività e di capacità di crescita.

La soluzione c’è: riservare da subito, entro il Fondo da 120 miliardi di risorse europee, una quota adeguata a potenziare anche il credito d’imposta Sud, in aggiunta a Transizione 4.0, costruendo così una fiscalità di vantaggio che sia promotrice di sviluppo per il Mezzogiorno.

Articolo del 22 novembre 2020 per il Corriere del Mezzogiorno

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